Questa mattina dopo il caffè, mentre davo il latte ai pipistrelli piccoli e tentavo di svezzare gli altri,* ho avuto una subitanea illuminazione.
Subitanea, poi, un corno. E’ tutto l’inverno che schiaccio pinoli (avete presente la rogna di schiacciare pinoli, si? Che se metti troppa forza li spappoli, e troppo poca non si aprono). Ovviamente sono pinoli mentali, avevate capito.
L’illuminazione è questa: è iniziata una nuova fase della mia vita, mentre io stavo lì a contare e lavorare. (Come ho detto a qualcuno, infatti, il 2019 sarà ricordato come l’anno in cui ho imparato a contare, io che per mille ottime ragioni sono stata così impedita nel farlo da… mmmmsempre. )
Ma non è questa la svolta (oddio, un po’ sì anche ), è piuttosto la sensazione che finalmente, una volta conquistata una stabilità effettiva , SOPRA ci si può mettere qualunque cosa.
Certo, diciamo che queste fondamenta hanno richiesto 42 anni, che neanche quelle della Sagrada Familia, ma che vuoi che sia. In fondo cos’altro avevo da fare, meglio tardi che mai, non c’è trippa per gatti, e tutti i nodi vengono al pettine.
Insomma capito? Quelle che avevo opposto alla mia completa espressione fenotipica, non erano scuse come ho sempre pensato, ma delle reali impossibilità.
E’ molto bello quando ti puoi assolvere a posteriori, una pratica spirituale che potremmo appropriatamente ribattezzare Vaffanculo Zen.
Ora sono molto impegnata a preparare il qualunque cosa di cui sopra, perché a quanto pare la mia autentica natura, la mia espressione fenotipica, la mia vocazione nascosta, il mio talento criptico, si situa a metà strada tra il Fico e il Complicato. Tra il “Non lo so fare” e il “Lo farò anche solo per non continuare a rammaricarmi di non averlo fatto.”
Ma prima che ai soliti intimi vengano in mente pensieri arroganti tipo “io lo avevo sempre detto” ci tengo a precisare che non ha alcuna importanza cosa sanno gli altri di noi, ma cosa noi sappiamo di noi, e quando.
Voglio sottolineare questa perla di saggezza con una ricettina adorabile per usare delle rimanenze in dispensa, che per puro caso è venuta bene.
Biscottini Cocco Zen
Accendere il forno.
140 gr farina
100 gr farina di cocco (che la compri nel 1999 per fare quelli con la ricotta e poi ti resta lì per 10 anni)
una tazzina di olio (mais? soia? motori? vedete voi)
50 gr zucchero (il mio era a velo, altra rimanenza)
100 gr latte di qualcosa (mucca, soia, il mio era d’avena, un animale molto interessante)
buccia di limone (trattato e non lavato, se vi aggradano i pesticidi, oppure il contrario, ognuno ha i suoi gusti)
impastare tutto, fare delle palline , o delle piramidi, o degli sbrogliasomarelli, e mettere in forno a 180° per 15 minuti.
Nota bene: L’odore di cocco e limone che si spande per aria è il vero odore di questo post.
* continua a fare uno strano effetto, questa frase, anche dopo 9 anni di volontariato con tutela pipistrelli.